Le opposizioni americane alla guerra di Roosevelt


Le opposizioni americane alla guerra di Roosevelt 

(Robert Steuckers)


La storia delle opposizioni americane alla seconda guerra mondiale è molto interessante. Essa ci introduce alle idee degli isolazionisti e neutralisti degli Stati Uniti, i soli alleati oggettivi e fedeli che noi possiamo avere oltre Atlantico, a parte, naturalmente, i patrioti dell’America ispanica. Affrontare questo argomento implica formulare alcune avvertenze preliminari.

- La storia contemporanea è inquadrata all’interno di un’angolazione propagandistica. Quale ? Quella che è stata orchestrata dai guerrafondai americani, coalizzati attorno al Presidente Roosevelt. Il compito della storia è dunque quello di ritrovare la realtà al di là della cortina fumogena propagandistica.

- La storia contemporanea è determinata dalla prospettiva roosveltiana, dove:
a) gli Stati Uniti sono l’avanguardia, la terra di elezione della libertà e della democrazia ;
b) gli Stati Uniti devono agire in modo che il mondo si allinei sulle loro posizioni;
c) Per via della loro ideologia messianica, interventista e mondialista, gli Stati Uniti si pongono come il braccio armato di Yahvé, sono chiamati ad unificare il mondo sotto l’autorità di Dio. Il loro presidente è il vicario di Yahvé in Terra (e non più il Papa di Roma).

Ma, per imporsi, questa ideologia messianica, interventista e mondialista ha dovuto battere dei nemici interni, degli avversari isolazionisti, neutralisti e differenzialisti. In effetti, negli anni 30, 40 e 50, due schieramenti si affrontarono negli Stati Uniti. Nel linguaggio attuale, si potrebbe dire che i sostenitori del " villaggio globale " si scontrarono con i difensori dell’ "autocentrismo". Quali sono stati gli avversari del mondialismo di Roosevelt, oltre al più celebre tra di loro, il pilota Lindbergh, vincitore dell’Atlantico? Noi ne studieremo cinque :
1) Oswald Garrison VILLARD, editore del giornale Nation, schierato a sinistra, liberale e pacifista.
2) John T. FLYNN, economista ed editorialista di New Republic, ugualmente collocato a sinistra.
3) Il Senatore Robert A. TAFT dell’Ohio, capo del Partito Repubblicano, soprannominato " Mr. Republican".
4) Charles A. BEARD, storico progressista.
5) Lawrence DENNIS, intellettuale etichettato " fascista", ex diplomatico in America latina, specialmente in Nicaragua e in Perù.

Tutti questi uomini avevano una storia personale, un passato molto diversi. Negli anni 38-41, essi erano tutti isolazionisti. Negli anni 43-50, sono considerati come " conservatori " (vale a dire avversari di Roosevelt e dell’alleanza con l’URSS); dal 1948 al 1953, essi rifiutavano la logica della Guerra Fredda (difesa dalla sinistra social-democratica nel dopo-guerra). Perché questa evoluzione, che non si comprende molto al giorno d’oggi?
- Intanto perché la sinistra è favorevole al " globalismo "; ai suoi occhi gli isolazionisti sono passatisti e gli interventisti sono internazionalisti e " progressisti ".
- In seguito alla Guerra del Vietnam (altra guerra interventista), la sinistra ha cambiato punto di vista.
In effetti, l’interventismo è sinonimo d’imperialismo (che è moralmente condannabile per la sinistra ostile alla Guerra del Vietnam). L’isolazionismo rileva del non-imperialismo americano, dell’anti-colonialismo ufficiale degli USA, quello che, nel contesto della Guerra del Vietnam, è moralmente accettabile. Da ciò la sinistra militante deve riallacciarsi ad un concezione anti-imperialista. La morale è dalla parte degli isolazionisti, anche se un Flynn, ad esempio, è diventato maccartista e se Dennis ha fatto l’apologia del fascismo. Esaminiamo le idee e gli argomenti di ciascuno di questi cinque isolazionisti.

Charles A. BEARD 

 
Charles A. Beard è uno storico, autore di 33 libri e 14 importanti saggi. La sua tesi centrale è quella del "determinismo economico" ; essa prova che egli è un uomo di sinistra nel solco della tradizione britannica dei Mill, Bentham e del marxismo moderato. La struttura politica e giuridica, per Beard, deriva dalla strategia economica. Il divenire complessa da parte dell’economia, implica uno sviluppo di complessità del gioco politico per moltiplicazione degli attori. La Costituzione e l’apparato legale sono dunque il riflesso dei desiderata delle classi dirigenti. L’aumento di complessità postula successivamente l’introduzione del suffragio universale, perché la complessità reale della società possa riflettersi correttamente nelle rappresentanze.
Beard sarà disgustato dalla guerra del 1914-18.
1. I risultati di questa guerra sono contrari all’idealismo wilsoniano, che aveva spinto gli Stati Uniti a intervenire. Dopo il 1918, c’è nel mondo maggiore totalitarismo e autoritarismo di prima. La prima guerra mondiale si chiude con un arretramento della democrazia.
2. Sono gli investimenti all’estero (principalmente in Francia e in Gran Bretagna) che hanno spinto gli Stati Uniti a intervenire (per salvare i loro clienti dalla sconfitta).
3. Di qui l’autentico rimedio è quello dell’autarchia continentale (continentalismo).
4. Agli investimenti all’estero, bisogna opporre, dice Beard, degli investimenti all’interno. Serve una pianificazione nazionale. Si deve costruire una buona infrastruttura stradale negli Stati Uniti, si devono aumentare gli stanziamenti per le scuole e le università. Per Beard, la pianificazione si oppone al militarismo. Il militarismo è un messianismo, essenzialmente diffuso dalla Marina, appoggiato per primo dall’Ammiraglio Mahan, teorico della talassocrazia. Per Beard, l’US Army non deve essere che uno strumento difensivo.
Beard è dunque un economista e un teorico politico che annuncia il New Deal di Roosevelt. Egli è perciò favorevole in un primo momento al Presidente, perché questi lancia un gigantesco piano di lavori di pubblico interesse. Il New Deal, agli occhi di Beard è una ristrutturazione completa dell’economia interna americana. Beard ragiona come i continentalisti e gli autarchisti europei e giapponesi (in special modo Tojo, che parla ben presto di " sfera di co-prosperità est-asiatica "). In Germania, questa ristrutturazione autarchizzante preconizzata dal premier Roosevelt suscita entusiasmo e porta acqua al mulino dei sostenitori di un nuovo dialogo germano-americano dopo il 1933.

Il programma " Big Navy "
Ma Roosevelt non potrà applicare il suo programma, perché incontrerà l’opposizione degli ambienti bancari (che ricavano maggiori profitti dagli investimenti all’estero), del complesso militar-industriale (nato durante la prima guerra mondiale) e della Marina Militare. Per Beard, il programma " Big Navy " tradisce l’autarchia promessa dal New Deal. Il programma " Big Navy " provocherà una ripetizione storica. Roosevelt prepara la guerra e la militarizzazione degli Stati Uniti, deplora Beard. Nel 1934, scoppia lo scandalo Nye. Un’inchiesta condotta dal Senatore Gerald Nye prova che il Presidente Wilson, il Segretario di Stato Lansing e il Segretario di Stato al Tesoro Gibbs McAdoo, il Colonnello House e i centri bancari (specialmente la J.P. Morgan & Co) hanno deliberatamente spinto il Paese in guerra per evitare una crisi, una depressione. Risultato: questa depressione non è stata che rinviata di dieci anni (1929). Dunque la politica ragionevole sarebbe di decretare l’embargo generale verso ogni guerra a meno che gli Stati Uniti non vi siano trascinati a fianco di uno dei belligeranti. Nel 1937, Roosevelt pronuncia il suo famoso " Discorso di Quarantena ", dove annuncia che Washington metterà gli "aggressori " in quarantena. Applicando preventivamente questa misura di ritorsione ai soli aggressori, Roosevelt opera una scelta e lascia il terreno della neutralità, constata Beard. Quando i Giapponesi attaccano Pearl Harbour, la mattina del 7 dicembre 1941, Beard rivela alla stampa che Roosevelt ha deliberatamente obbligato il Giappone a commettere questo irreparabile atto di guerra. Dal 1941 al 1945, Beard ammetterà la natura "espansionistica" della Germania, dell’Italia e del Giappone, ma non cesserà di esortare gli Stati Uniti a non seguire questo esempio, perché gli Stati Uniti sono "autosufficienti" e l’aggressività di questi Stati non è direttamente rivolta contro di essi. Inoltre, in secondo luogo, la guerra disintegra le istituzioni democratiche americane. Si passa da una democrazia a un cesarismo con facciata democratica. Beard accusa il governo americano di Roosevelt di cercare di entrare in guerra ad ogni costo contro il Giappone e la Germania. La sua accusa poggia specialmente su quattro fatti importanti :
1. Egli denuncia lo scambio di cacciatorpediniere di fabbricazione americana contro basi militari e navali inglesi nei Caraïbi e a Terranova (New Foundland).
2. Egli denuncia la " Conferenza dell’Atlantico ", tenuta tra il 9 e il 12 agosto 1941 tra Churchill e Roosevelt. Essi hanno brindato su un atto di guerra ai danni del neutrale Portogallo: l’occupazione delle Azzorre da parte degli Americani e dei Britannici.
3. Egli denuncia l’incidente del settembre 1941, dove navi tedesche rispondono al fuoco dell’USS Greer. Beard pretende che Roosevelt dia enorme risalto all’incidente e basa la sua argomentazione sul rapporto dell’Ammiraglio Stark che prova l’intervento della nave a fianco degli Inglesi.
4. Nell’ottobre del 1941, un incidente simile contrappone dei bastimenti della Kriegsmarine all’USS Kearny. Roosevelt amplifica l’avvenimento con l’appoggio dei media. Beard replica basandosi sul rapporto del Segretario della Marina Knox, il quale rivela che la nave americana ha preso parte attiva ai combattimenti tra unità inglesi e tedesche.

Una strategia di provocazione
Beard deduce che la strategia di Roosevelt cerca di provocare deliberatamente un incidente, un casus belli. Questo atteggiamento mostra che il Presidente non rispetta le istituzioni americane e non segue la via gerarchica normale, che passa per il Congresso. La democrazia americana non è più che una facciata: gli Stati Uniti sono diventati cesaristi e non rispettano più il Congresso, organo legittimo della nazione. E’ interessante notare che la sinistra americana recupererà Beard contro Johnson durante la guerra del Vietnam. Da Roosevelt a Johnson, la sinistra americana ha in effetti del tutto cambiato, modificato completamente la sua posizione; essa era favorevole a Roosevelt perché egli aveva dato impulso al New Deal, con tutti i suoi aspetti sociali e dirigisti, e perché egli è stato il leader della grande guerra " anti-fascista ". Essa cessa di sostenere l’opzione presidenzialista contro il democratico Johnson, ritorna favorevole al Congresso, perché essa si oppone alla guerra del Vietnam e all’influenza delle lobbies militar-industriali. Infatti, la sinistra americana riconosceva di essere stata negli anni 60 autoritaria, scudo dell’autocrazia rooseveltiana e antiparlamentare (accusando i fascisti di essere tutto questo!). Peggio, la sinistra ammetteva di essere stata "fascista" per "anti-fascismo"!
In un primo tempo dunque, la sinistra americana era stata interventista. In una seconda fase, essa diventa isolazionista. Questa contraddizione si è (molto) parzialmente esportata verso l’Europa. Questo trasformazione, tipicamente americana, costituisce la specificità del paesaggio politico d’Oltre-Atlantico.

Mettere il Giappone con le spalle al muro!
Sono ugualmente interessanti da studiare le posizioni di Beard circa la guerra americana contro il Giappone. Beard inizia constatando che il Giappone voleva una "sfera di co-prosperità est-asiatica", che includesse la Cina ed estendesse profondamente l’influenza giapponese nei territori dell’ex Celeste Impero. Per questo motivo, convinto di contrastare l’espansione nipponica, Roosevelt organizza l’embargo contro il Giappone, mirando così alla sua asfissia. Con la pratica di una simile politica, il Presidente americano ha messo il Giappone con le spalle al muro: o morire lentamente o tentare il tutto per tutto. Il Giappone, a Pearl Harbour, ha scelto il secondo termine dell’alternativa. La posta in gioco nella guerra americano-giapponese è dunque il mercato cinese, verso il quale gli Stati Uniti hanno sempre desiderato avere un accesso diretto. Gli Stati Uniti vogliono una politica della "porta aperta" in tutta l’Asia, come avevano voluto una identica politica nella Germania di Weimar. Nella polemica che lo oppone a Roosevelt, Beard si schiera con Hoover, il cui giudizio ha molto peso. Beard e Hoover pensano che l’azione del Giappone in Cina non tocchi per nulla la sovranità nazionale americana, né nuoccia agli interessi degli Stati Uniti. Questi ultimi non si devono preoccupare: mai i giapponesi giungeranno a nipponizzare la Cina. Dopo la seconda guerra mondiale, Beard non cesserà di opporsi alle manifestazioni di bellicismo del suo paese. Egli critica la politica di Truman. Egli rifiuta la bipolarizzazione, così come si cristallizza nelle macchine propagandistiche. Egli critica l’intervento americano e britannico in Grecia e in Turchia. Egli critica la ricerca d’incidenti nel Mediterraneo. Egli rigetta lo spirito di "crociata", compreso quando mira al mondo comunista. In conclusione, Beard è rimasto durante tutta la sua vita politica un sostenitore dell’autarchia continentale americana e un avversario risoluto del messianismo ideologico. Beard non era né anti-fascista né anti-comunista: egli era un autarchista americano. L’anti-fascismo e l’anti-comunismo sono delle idee internazionaliste, dunque disincarnate e irreali.

Oswald Garrison VILLARD 




 

Nato nel 1872, Oswald Garrison Villard è un giornalista new-yorkese molto celebre che offre la sua prosa precisa e chiara a due giornali, Post et Nation, di proprietà del padre. Il retroterra ideologico di Villard è il pacifismo. Egli diventa membro della Lega anti-imperialista dal 1897. Nel 1898, egli si oppone alla guerra contro la Spagna (in cui essa perde Cuba e le Filippine). Egli ritiene che la guerra sia incompatibile con l’ideale liberale di sinistra. Nel 1914, egli è uno dei principali sostenitori della neutralità. Tra 1915 e il 1918, egli esprime la sua delusione nei confronti di Wilson. Nel 1919, egli prende posizione contro le clausole del Trattato di Versailles: la pace è ingiusta dunque fragile, perché essa sanziona il diritto del più forte, egli non cessa di ripetere dalle sue colonne. Egli s’oppone all’intervento americano contro la Russia sovietica, nel momento in cui Washington fa sbarcare delle truppe ad Arkangelo. Dal 1919 al 1920, egli si felicita per l’esclusione di Wilson, per la non adesione degli Stati Uniti alla SdN. Egli apporta il suo sostegno al neo-isolazionismo. Tra il 1920 e il 1930, Villard modifica la sua filosofia economica. Egli evolve verso il dirigismo. Nel 1924, sostiene le iniziative del populista LaFollette, che voleva fosse inserito nella costituzione americana l’obbligo di procedere ad un referendum prima di ogni guerra per capire ogni operazione militare all’estero. Villard si augurava egualmente la creazione di un " Terzo Partito ", senza l’etichetta socialista, ma il cui obiettivo fosse quello di unir tutti i progressisti. Nel 1932, Franklin Delano Roosevelt arriva al potere. Villard saluta questa salita alla presidenza, proprio come Beard. E come Beard, egli romperà più tardi con Roosevelt perché boccerà la sua politica estera. Per Villard, la neutralità è un principio cardinale. Essa deve essere un imperativo (neutralità obbligatoria). Durante la Guerra di Spagna, la sinistra (tra cui il suo giornale Nation, rappresenta un’eccezione) sostiene i Repubblicani spagnoli (come Vandervelde al POB). Lui, imperturbabile, perora una neutralità assoluta (come Spaak e De Man al POB). La sinistra e Roosevelt vogliono decretare un embargo contro gli " aggressori ". Villard, sull’esempio di Beard, rigetta questa positione che contrasta con l’assoluta neutralità.

Più potere al Congresso
Le posizioni di Villard permettono di studiare le divergenze in seno alla sinistra americana. In effetti, negli anni 30, il New Deal si rivela un fiasco. Perché? Perché Roosevelt deve subire l’opposizione della " Corte Suprema " (CS), che è conservatrice. Villard vuole dare più potere al Congresso. Come reagisce Roosevelt ? Egli aumenta il numero di giudici nella CS e vi introduce così dei suoi uomini. La sinistra applaude, credendo così di poter realizzare le promesse del New Deal. Villard rifiuta questo espediente perché conduce al cesarismo. La sinistra rimprovera a Villard di allearsi ai conservatori della CS, accusa che è falsa perché Villard aveva suggerito di aumentare i poteri del Congresso. Nel corso di questa polemica, la sinistra si rivela " cesarista " e ostile al Congresso. Villard resta fedele a una sinistra democratica e parlamentare, pacifista e autarchista. Villard non " tradisce ". Questa divergenza conduice a una rottura tra Villard e la redazione di Nation, ormai diretto da Freda Kirchwey. Nel 1940, Villard lascia Nation dopo 46 anni e mezzo di buono e leale servizio, accusando Kirchwey di "prostituire " il giornale. Questa "prostituzione" consiste nel rigettare il principio autarchico e ad aderire all’universalismo (messianico). Villard passa allora al contrattacco:
1. Ribadisce che egli è un sostenitore del Congresso, dunque è democratico e non filo-fascista.
2. Ribadisce ugualmente di essersi opposto ai conservatori della CS.
3. Afferma che il dilettantismo di Roosevelt ha provocato il fiasco del New Deal.
4. Dimostra che nel sostenere Roosevelt, la sinistra diviene " fascista " perché contribuisce a imbavagliare il Congresso.
Né il Giappone né la Germania ce l’hanno con gli Stati Uniti, scrive, dunque non vi è nessun bisogno di fare loro la guerra. L’obiettivo ragionevole da perseguire, ripete, è di giustapporre nel pianeta tre moderni blocchi autarchici ed ermetici: l’Asia sotto la guida del Giappone, l’Europa e l’America. Egli riunisce l’America-First-Committee che afferma che se gli Stati Uniti interverranno in Asia e in Europa, il caos si estenderà sulla Terra e i problemi irrisolti si accumuleranno. Villard non risparmierà nemmeno la politica di Truman e la subisserà delle sue critiche. Nei suoi editoriali, Truman è decritto come un " incompetente politico di paese ", spinto al vertice da Roosevelt e dalla sua " cricca ". Villard criticherà il bombardamento atomico di Hiroshima e di Nagasaki. Egli si opporrà al Tribunale di Norimberga, agli Americani che cercavavo di favorire il dominio francese sulla Saar, a tutti coloro che volevano smembrare la Germania. Villard sarà in seguito un nemico della Guerra Fredda, si schiererà contro la divisione della Corea e contro la creazione della NATO.

Robert A. TAFT 




 
Il padre di Robert A. Taft fu durante un periodo della sua vita Presidente della CS. L’ambiente familiare era composto di Republicani di vecchia data. Robert A. Taft compie i suoi primi passi politici sulla scia di Herbert Hoover e collabora al suo " Food Programm ". Nel 1918, è eletto in Ohio. Nel 1938, egli diventa Senatore di questo Stato. Da allora s’impegna a fondo nella battaglia il " non-intervento ". Tutta la politica, secondo lui, dev’essere difensiva. Egli fustiga le posizioni " idealiste " (cioè al di fuori della realtà), dei messianici democratici. " Bisogna difendere le cose concrete e non astrazioni ", ecco il suo leitmotiv. La guerra, dice, condurrà ad imbavagliare il Congresso, a fare arretrare i governi locali, a rafforzare il governo centrale. Anche se la Germania vince, argomenta, essa non attaccherà gli Stati Uniti e l’eventuale vittoria del Reich non arresterà i flussi commerciali. Di qui, afferma Taft, bisogna senz’altro rafforzare il " Neutrality Act ", non far entrare le navi americane nelle zone di battaglia, evitare gli incidenti e decretare un embargo generale, ma che permetta tuttavia il sistema di vendita " cash-and-carry " (" paga e importa "), da applicare a tutti i belligeranti senza restrizioni. Taft è realistico : si devono vendere tutti i prodotti senza eccezione. Nye, Senatore del Nord Dakota, et Wheeler, Senatore del Montana, vogliono un embargo sulle munizioni, le arme e il cotone.

"Lend-Lease" e "cash-and-carry"
Taft non sarà il candidato repubblicano alle elezioni presidenziali perché l’Est vota contro di lui ; egli non beneficia che dell’appoggio dell’Ovest, contrario alla guerre in Europa. Eli si opporrà alla pratica commerciale del " Lend-Lease ", perché questa implica l’invio di convogli attraverso l’Atlantico e provoca immancabilmente incidenti. Nel luglio 1941, la necessità di proteggere gli invii porta all’occupazione dell’Islanda. Taft formula una contro-proposta: al " Lend-Lease ", si deve sostituire il " cash-and-carry ", cosa che non impedisce per niente di produrre aerei per la Gran Bretagna. Nel giugno 1941, la sinistra aderisce a una sorta di fronte internationale antifascista, su istigazione dei comunisti (visibile o cammuffata). Taft mantiene la sua decisione di neutralità e constata che la maggioranza è ostile alla guerra. Solo una minoranza appartenente al mondo finanziario è favorevole al conflitto. Taft martella allora la sua idea forza : il popolo lavoratore dell’Ovest è manipolato dall’oligarchia finanziaria dell’Est. All’interno del partito Repubblicano, Taft lotta egualmente contro la frazione interventista. Il suo avversario principale è Schlesinger che pretende che gli isolazionisti provochino una scissione al- l’interno del partito, che rischia di scomparire o di essere escluso a lungo dal potere. Che cosa accade in questa lotta? Gli interventisti repubblicani, schierati con Wendell Willkie, cercheranno l’alleanza con la destra democratica di Roosevelt, per impedire ai Repubblicani di rritornare al potere. Dal 1932 al 1948, i Repubblicani saranno emarginati. Un simile situazione aveva già caratterizzato la storia americana : la scissione dei Whigs nel 1858 sulla questione della schiavitù (che è sfociata poi nella Guerra di Secessione). Per Schlesinger, i capitalisti, i conservatori e la CS sono ostili a Roosevelt e al New Deal, che essi ritengono una forma di socialismo. Taft ribatte che i plutocrati e i finanzieri si sono alleati ai rivoluzionari, ostili alla CS, perché questa è un valore statuale perenne, al servizio della causa del popolo, la maggioranza generalmente silenziosa. I plutocrati sono favorevoli al bellicismo di Roosevelt, perché sperano di conquistare mercati in Europa, in Asia e in America latina. Questa è la ragione del loro bellicismo. Sia Schlesinger che Taft accusano i capitalisti o l’alta finanza (i " plutocrati " come si diceva a quel tempo). La differenza, è che Schlesinger denuncia come capitalismo il capitale produttore fisso (investimenti), mentre Taft denuncia il capitale finanziario e mobile (non investitore).

Contro l’idea di " Crociata "
Quando i Giapoonsi bombardano Pearl Harbour il 7 dicembre 1941 e distruggono le navi da guerra che vi si trovano, la stampa, unanime, si prende gioco di Taft e dei suoi principi neutralisti. La strategia giapponese è stata di colpire il porto hawaiano, dove non stazionavano che vecchie navi per impedire alla flotta di portare aiuto alle Filippine, che i Giapponesi si preparavano a invadere, prima di lanciarsi verso il petrolio ed il caucciù indonesiani. Taft ribatte che si sarebbe dovuto negoziare e accusa Roosevelt di negligenza tanto alle Isole Hawaïi che alle Filippine. Egli non smette di criticare l’idea di crociata. Perché gli Stati Uniti sarebbero gli unici a poter dare il via a delle crociate ? Perché non Stalin ? O Hitler ? L’idea e la pratica della " crociata " conduce alla guerra perpetua, dunque al caos. Taft denuncia inoltre come un’aberratione l’alleanza tra gli Stati Uniti, la Grand Bretagna e l’URSS (cara a Walter Lippmann). A tale alleanza, bisogna sostituire dei piani locali, raggruppare attorno alle potenze egemoniche i piccoli Stati troppo deboli per sopravvivere equilibratamente in un mondo che sta cambindo su larga scala. Taft si opporrà a Bretton Woods (1944), agli investimenti massicci all’estero ed alla creazione del FMI. Egli manifesterà il suo scetticismo nei confronti dell’ONU (Dumbarton Oaks, 1944). Egli vi è favorevole a condizione che questa instanza divenga una corte di arbitraggio, ma rifiuta ogni rafforzamento dell’ideologia utopista. Dopo la guerra Taft s’opporrà alla Dottrina Truman, alla creazione della NATO, al Piano Marshall e alla Guerra di Corea. Nel 1946, Churchill pronuncia la sua famosa frase (" Noi abbiamo ucciso il porco sbagliato ", riferendosi a Hitler come " porco buono ", essendo Stalin da ammazzare) e deplora che una " cortina di ferro " sia calata da Stettino all’Adriatico, facendo piombare la Mitteleuropa orientale in una serie di " regimi polizieschi ". Taft, conservatore " vecchio repubblicano ", ammette gli argomenti anti-comunisti, ma questa ostilità legittima sul piano dei principi non deve portare alla guerra nei fatti. Taft si oppone alla NATO perché essa è una struttura interventista, contraria agli interessi del popolo americano e ai principi di arbitraggio che dovrebbero essere quelli dell’ONU. Inoltre, essa sarà una voragine di spese. Riguardo all’URSS, egli modifica leggermente il suo giudizio da quando Mosca si dota anch’essa della Bomba A. Egli appoggia tuttavia Joe Kennedy (padre di John, Robert/Bob e Ted) quando questi richiede il ritiro delle truppe americane dalla Corea, da Berlino e dall’Europa. Taft è immediatamente accusato di " fare il gioco di Mosca ", ma egli rimane un anti-comunista. In realtà, resta fedele alle sue posizioni iniziali: egli è un isolazionista americano, constata che il Nuovo Mondo è separato dal Vecchio e che questa separazione è un dato naturale, di cui si deve tenere conto.

John T. FLYNN




 
John T. Flynn può essere descritto come un " New Dealer " deluso. Beard e Villard avevano egualmente espresso la loro delusione di fronte al fiasco della ristrutturazione roosveltiana dell’economia nord-americana. Flynn denuncia assai presto l’iniziativa del Presidente consistente nel darsi dei " nemici mitici " per distogliere l’attenzione dai fallimenti del New Deal. Egli critica il voltafaccia dei comunisti americani, che divengono favorevoli alla guerra a partire dal 1941. I comunisti, egli sostiene, tradiscono i loro ideali e utilizzano gli Stati Uniti per far avanzare la politica sovietica. Flynn era vicino suo malgrado agli ambienti fascisti (e folkloristici) americani (Christian Front, German-American Bund, l’American Destiny Party di Joseph McWilliams, un antisemita). Ma il successo di Lindbergh e del suo America-First-Committee lo interessa. Dopo la guerra, egli criticherà le posizioni della Fabian Society (che egli definisce di "socialismo fascista") e si dichiarerà per un governo popolare, cosa che lo porterà sulle posizioni di McCarthy. In questa ottica, egli esprime sovente l’equazione "comunismo = burocrazia", argomentando che l’organizzazione della burocrazia negli Stati Uniti è stata introdotta da Roosevelt e perfezionata da Truman. Ma, malgrado questa prossimità con l’anticomunismo più radicale, Flynn rimane ostile alla guerra di Corea e a ogni intervento in Indocina, contro i comunisti locali.

Lawrence DENNIS 




 
Nato nel 1893 ad Atlanta in Georgia, Lawrence Dennis studia alla Philips Exeter Academy e ad Harvard. Egli serve il suo paese in Francia nel 1918, dove giunge al grado di tenente. Dopo la guerra, il inizia la carriera diplomatica che lo conduce in Romania, in Honduras, in Nicaragua (dove è testimone della ribellione di Sandino) e in Perù (nel momento in cui emerge l’indigenismo peruviano). Tra il 1930 e il 1940, egli assume un ruolo intellettuale maggiore. Nel 1932, esce il suo libro E’ il Capitalismo predestinato ? E’ un’arringa a favore della pianificazione, contro l’estensione smisurata dei crediti, contro l’esportazione di capitali, contro il non-investimento che preferisce prestare danaro invece di investire sul posto e genera così la disoccupazione. Il programma di Dennis è di creare una fiscalità coerente, di perseguire una politica di investimenti che creino impiego e di sviluppare un’autarchia americana. Nel 1936, un’altra opera suscita il dibattito: L’Avvento del Fascismo Americano. Questo libro constata il fallimento del New Deal, a causa d’una pianificazione insufficiente. Egli constata ugualmente il successo dei fascismi italiano e tedesco che, dice Dennis, portano a conclusioni positive le teorie di Keynes. Il fascismo si oppone al comunismo perché non è egualitario e il non-egalitarismo favorisce i buoni tecnici e i buoni gestori (i "direttori", dirà Burnham). C’è una differenza tra il "fascismo" (pianificatore) come lo definisce Dennis e il "fascismo" rooseveltiano che denunciano Beard, Villard, Flynn, etc. Questo cesarismo/fascismo rooseveltiano si schiera in nome dell’anti-fascismo e aggredisce i fascismi europei. Nel 1940, una terza opera di Dennis fa la sua comparsa: Le Dinamiche di Guerra e Rivoluzione. In questo lavoro, Dennis prevede la guerra, che sarà una "guerra reazionaria". Dennis riprende la distinzione di Corradini, Sombart, Haushofer e Niekisch, tra "nazioni proletarie" e "nazioni capitaliste". La guerra, scrive Dennis, è la reazione delle nazioni capitaliste. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, nazioni capitaliste, s’oppongono alla Germania, all’Italia e all’URSS, nazioni proletarie (il Patto germano-sovietico è ancora in vigore e Dennis ignora che esso sarà sciolto nel giugno 1941). Ma Le Dinamiche di Guerra e Rivoluzione costituisce soprattutto un’autopsia del mondo capitalista americano e occidentale. La logica capitalista, spiega Dennis, è di espansione, essa cerca di estendersi e, se essa non ha più la possibilità di farlo, si indebolisce e muore. Da ciò il capitalismo cerca costantemente dei mercati, ma questa ricerca non può essere perpetua, non essendo la Terra estendibile all’infinito. Il capitalismo non è possibile a meno che non abbia un’espansione territoriale. Da qui, nasce la logica della " frontiera ". Il territorio s’ingrandisce e la popolazione aumenta. Le curve di profitto possono accrescersi, vista la necessità d’investire per occupare o colonizzare questi territori, di organizzarli, di fornire loro un’infrastruttura, e la necessità di nutrire una popolation in fase di esplosione demografica. Storicamente parlando, questa espansione ha avuto luogo tra il 1600 e il 1900 : i popoli bianchi d’Europa e d’America avevano una frontiera, uno scopo da raggiungere, dei territori da dissodare e da organizzare. Nel 1600, l’Europa investe il Nuovo Mondo ; tra il 1800 e il 1900, gli Stati Uniti hanno il loro West ; l’Europa si estende in Africa.

L’era capitalista è terminata.
Conclusione di Dennis : l’era capitalista è terminata. Non saranno più possibili guerre facili, né creazione di situazioni per spedizioni coloniali dotate di mezzi modesti, poco costose dal punto di vista degli investimenti, ma enormemente remunerative quanto a dividendi. Questa impossibilità di nuove espansioni territoriali spiega la stagnazione e la depressione. Per far fronte a questi fenomeni, si offrono ai governanti quattro possibilità:
1. Accettare passivamente la stagnatione ;
2. Scegliere il sistema comunista, cioè la dittatura degli intellettuali borghesi che non hanno potuto accedere al capitalismo;
3. Creare un regime dirigista, corporativo e collettivista, senza sopprimere l’initiativa privata e dove la funzione del controllo politico-statale consiste nel dare delle direttive efficaci ;
4. Fare la guerra su grande scala, a titolo di palliativo.
Dennis è favorevole alla terza soluzione e teme la quarta (per la quale opta Roosevelt). Dennis si oppone alla seconda guerra mondiale, tanto sul Pacifico quanto sui teatri europei. In seguito, egli s’opporrà alle guerre di Corea e del Vietnam, creazioni di situazioni simili, tendenti a distruggere dei materiali per poterli ricostruire o per accumulare dei profitti che servono solo a speculazioni e non a investimenti produttivi. Per aver assunto tali posizioni, Dennis sarà insultato volgarmente dalla stampa del sistema dal 1945 al 1955, ma egli continua imperturbabilmente ad affinare le sue tesi. Comincia con il rifiutare l’idea di " peccato " nella pratica politica internazionale: per Dennis, non esiste il " peccato fascista " o il " peccato comunista ". L’ossessione americana di praticare delle politiche di " porte aperte " (open doors policy) è un eufemismo per designare il più implacabile degli imperialismi. La guerra fredda implica rischi enormi per il mondo intero. La guerra del Vietnam, il suo invischiamento e il suo fallimento, mostrano l’inutilità della quarta solutione. Per questa analisi, Dennis ha un impatto indiscutibile sul pensiero contestatore di sinistra e sulla sinistra populista, nonostante la sua etichetta di " fascista ". Nel 1969, in Riflessioni Pratiche per la Sopravvivenza, Dennis offre ai suoi lettori la sua summa finale. Essa consiste in una critica radicale dell’American Way of Life.

Conclusione
Abbiamo rievocato cinque figure di oppositori americani a Roosevelt. I loro argomenti sono similari, a dispetto delle loro diverse provenienze ideologiche e politiche. Avremmo potuto confrontare le loro posizioni a quelle di dissidenti americani più conosciuti in Europa come Lindbergh o Ezra Pound, o meno conosciuti come Hamilton Fish. Avremmo egualmente potuto analizzare i lavori di Hoggan, storico contemporaneo non conformista, che sottolineano le responsabilità britanniche e americane nel secondo conflitto mondiale ed espongono particolareggiatamente le posizioni di Robert LaFollette. Infine, avremmo potuto analizzare più in profondità l’avventura politica di questo populista degli anni 20, leader dei "progressisti". Punto comune a tutti costoro: la volontà di mantenere una linea isolazionista, di non intervenire al di fuori del Nuovo Mondo, di portare al massimo lo sviluppo del territorio degli Stati Uniti. L’80% della popolazione li ha seguiti. Gli intellettuali erano divisi. L’avventura di questi uomini ci dimostra la potenza della manipolazione mediatica, in grado di capovolgere rapidamente l’opinione dell’ 80% della popolazione americana e di trascinarla in una guerra che non la riguardava minimamente. Essa dimostra inoltre l’impatto dei principi autarchici, che dovevano condurre ad un confronto pacifico dei grandi spazi autonomi ed autosufficienti. In Europa, questo argomento di dibattito viene deliberatamente ignorato nonostante la sua ampiezza e la sua profondità, l’avventura intellettuale e politica di questi Americani non conformisti è ormai sconosciuta e rimane inesplorata. Uno studio di questa problematica vieta ogni approccio manicheo. Si può constatare che all’interno della sinistra americana (come in una certa destra, quella di Taft, ad es.), l’ostilità alla guerra contro Hitler ed il Giappone implica, per una logica implacabile e costante, l’ulteriore ostilità alla guerra contro Stalin, l’URSS, la Corea del Nord o il Vietnam di Ho Chi Minh. Nello spazio linguistico francofono, sembra che i non-conformismi (di destra come di sinistra) non abbiano mai tenuto conto dell’opposizione interna a Roosevelt, la cui logica è di una chiarezza e di una limpidezza ammirevoli. Desolante miopia politica!

Conferenza pronunciata a Ixelles alla Tribuna de l'EROE nel 1986, sotto il patrocinio di Jean E. van der Taelen ; testo pubblicato solamente nel 1999 nella rivista francese Dualpha edita da M. Philippe Randa

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